Il produttore dei rifiuti può depositare temporaneamente e nel luogo in cui sono prodotti tutti assieme sacchi di nylon, cassette in polistirolo, palletts e imballaggi di cartone? Ossia può miscelare rifiuti con codici diversi prima della loro raccolta? Oppure deve fare una cernita e separali già in questa fase preliminare alle operazioni di gestione dei rifiuti? E il codice (Cer 15 01 06) corrispondente agli “imballaggi in materiali misti” può essere utilizzato per individuare imballaggi di diverso materiale tra loro ammassati? Oppure identifica solo il multimateriale?
Queste le domande poste dal Tribunale di Ancona alla Corte di Giustizia europea - che dimostrano ancora una volta la poca chiarezza delle normative in materia di rifiuti e la necessità di ricorrere alla corte Ue - che ha risposto con sentenza di ieri: secondo la normativa europea il produttore può depositare nel luogo in cui sonoprodotti gli imballaggi diversi e riconducibili a codici distinti prima della loro raccolta. A meno che non sia la normativa nazionale a obbligare alla cernita e al deposito separato dei rifiuti al momento del deposito temporaneo. E poiché la normativa nazionale riprende l’elenco dei rifiuti europeo, il codice 15 01 06 può essere utilizzato per identificare rifiuti costituiti da imballaggi di diverso materiale tra loro raggruppati. Perché quello che in Italia viene definito come multimateriale non corrisponde alla nozione europea di materiale misto, ma a quella di imballaggio composto.
La vicenda ha inizio quando nel lontano 2005, in occasione di un controllo, la Polizia provinciale di Macerata ha accertato che un autotreno trasportava rifiuti costituiti da diverse tipologie di imballaggi, come sacchi di nylon, cassette in polistirolo, palletts e imballaggi di cartone. Tale carico era accompagnato da un formulario di identificazione dei rifiuti che indicava il codice 15 01 06 corrispondente agli “imballaggi in materiali misti”. Ritenendo che tale codice non potesse essere attribuito ai rifiuti trasportati, trattandosi di imballaggi di diverso materiale tra loro ammassati, gli agenti hanno riscontrato una violazione della normativa allora vigente (Dlgs 22/97).
Però l’elenco europeo dei rifiuti- quello istituito con la decisione europea 2000/532/Ce – stabilisce solo la nomenclatura dei rifiuti e non la nozione corrispondente ai vari codici. E’ una successiva decisione della Commissione che invece fornisce alcune definizioni.
Secondo la Commissione europea (decisione 2005/270) l’imballaggio composto é “l’imballaggio costituito da materiali diversi che non è possibile separare manualmente, ognuno dei quali non superi una determinata percentuale del peso dell’imballaggio”. E secondo la Corte questa definizione di imballaggio composto corrisponde a quello che il giudice del rinvio qualifica come imballaggi “multimateriali”. E poiché nell’elenco Cer sono stati attribuiti codici diversi a questo tipo di imballaggi e agli “imballaggi in materiali misti”, è possibile dedurre che la nozione di “imballaggi in materiali misti” non comprende gli imballaggi “multimateriali”, ma si applica ai rifiuti costituiti da imballaggi di diverso materiale, tra loro raggruppati.
La disciplina europea sui rifiuti a cui la Corte si riferisce è quella della vecchia direttiva del 75 abrogata da quella del 2006 che a sua volta è sostituita dalla nuova direttiva di questo anno. E questo perché il caso risale al 2005 quando in Italia vigeva il decreto Ronchi (ora sostituito dal Dlgs 152/06 così come modificato dal Dlgs 04/08 e ancora sottoposto a revisione).
Comunque sia la disciplina europea di allora e di oggi non osta alla commistione, da parte del produttore di rifiuti riconducibili a codici diversi (dell’elenco allegato alla decisione 2000/532) al momento del loro deposito temporaneo, prima della loro raccolta, nel luogo in cui sono prodotti.
Ora come allora il deposito temporaneo è menzionato soltanto nell’allegato della direttiva che elenca le operazioni di smaltimento e in quello che elenca le operazioni di recupero dei rifiuti. Ed è menzionato e non identificato come operazione di recupero o smaltimento. Perché il deposito temporaneo non è né un’operazione di recupero, né di smaltimento ma è “l’operazione preliminare ad un’operazione di gestione dei rifiuti” (intesa come la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compresa la super visione degli interventi successivi alla chiusura dei siti di smaltimento).
In linea con ciò lo è anche il legislatore italiano del 97 e del 2006 che definisce il deposito temporaneo come il raggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta nel luogo in cui gli stessi sono prodotti dettandone alcune condizioni temporanee, qualitative e quantitative.
Url : http://www.greenreport.it/contenuti/leggi.php?id_cont=17051
Fonte: Greenreport
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