Una nuova condanna nei confronti dell�Italia arriva dalla Corte di giustizia europea e ancora una volta in materia di rifiuti (ad oggi sono sei le cause in materia pendenti dinnanzi alla Corte): stavolta il Belpaese non ha provveduto ad elaborare e adottare i piani di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi per ciascun porto italiano. Con tale omissione l�Italia � venuta meno agli obblighi comunitari imposti dalla direttiva relativa agli impianti portuali per i rifiuti prodotti dalle navi e sui residui di carico. Il termine per il recepimento della direttiva e dunque per l�elaborazione dei piani era il 28 dicembre 2000, ma al 2006 i piani ancora non erano stati adottati per un numero significativo di porti. Lo Stato membro non aveva ancora elaborato n� applicato nessun piano di raccolta e gestione dei rifiuti per i porti di Trieste, Augusta, Brindisi, Reggio Calabria, Palermo, Mazara del Vallo, Chioggia, Venezia, Porto Cervo Marina e Marina di Portosole, (tutti appartenenti al campione di 19 porti selezionato dalla Commissione).
A niente sono servite le argomentazioni di difesa della Repubblica italiana secondo cui l�obbligo sarebbe adempiuto con le ordinanze dei comandanti di porto che anticipano i piani in corso di approvazione, perch� - come afferma la Corte e come aveva gi� precedentemente affermato in altre sentenze simili - la redazione del piano di gestione rimane un obbligo di �risultato che non pu� essere adempiuto a mezzo di misure preparatorie o dirette all�elaborazione di piani ovvero alla predisposizione di un quadro regolamentare idoneo a realizzare tale obiettivo�.
La Direttiva europea 2000/59 (recepita in Italia con il Dlgs 182/2003) per una maggiore protezione dell�ambiente marino si pone l�obiettivo di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti da parte delle navi che utilizzano porti situati nel territorio della Comunit�.
Trattandosi di una direttiva, l�Unione europea lascia agli Stati membri la facolt� di stabilire gli strumenti di attuazione che meglio si adattano al proprio sistema interno. Lascia cio�, ai membri Ue un�ampia libert� quanto all�organizzazione migliore per la raccolta dei rifiuti, consentendo ai Paesi di prevedere impianti fissi di raccolta oppure di designare prestatori di servizi incaricati di fornire ai porti unit� mobili per la raccolta dei rifiuti quando necessario. Ci� comporta non solo l�obbligo di redigere i piani di gestione ma anche l�obbligo di fornire tutti i servizi e/o di adottare le altre disposizioni necessarie per l�uso corretto e/o adeguato degli impianti in questione.
Non � detto per� che con la redazione dei piani e con l�attivazione degli impianti il problema dei rifiuti e del conseguente inquinamento marino si risolva del tutto: molto spesso le navi non dichiarano gli scarti come rifiuti, non compilano la documentazione ad hoc e non consegnano il rifiuti agli impianti.
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Fonte: Greenreport
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